Senza una decisa accelerazione, l’UE non raggiungerà gli obiettivi del 50% di riciclo degli imballaggi in plastica entro il 2025 e del 55% entro il 2030, adottati appena due anni fa. E’ l’analisi della Corte dei Conti UE, che ha passato in rassegna le opportunità e le carenze del quadro normativo europeo in materia. E’ “una sfida difficilissima”, ha detto Samo Jereb, responsabile dell’analisi.
La pandemia Covid-19, ha aggiunto, ha fatto “rinascere le abitudini dell’usa e getta” e “dimostra che la plastica continuerà ad essere un pilastro delle nostre economie, ma anche una minaccia ambientale sempre più grave”. L’UE può vantare il tasso di riciclo complessivo di plastiche più alto tra le economie avanzate. Ma per quanto riguarda gli imballaggi, quasi un terzo di questa percentuale rappresenta le quantità spedite in paesi non-UE per essere riciclate. L’effetto combinato delle norme più rigorose approvate nel 2018 sul conteggio delle quantità riciclate, e della Convenzione di Basilea, che fissa condizioni più rigide per l’invio di rifiuti di plastica all’estero, “ridurranno il tasso di riciclaggio comunicato nell’UE dal 42% di oggi a circa il 30%”, sottolinea il rapporto. Uno dei rischi è alimentare il traffico illegale di rifiuti in Europa.
“In alcuni Stati membri i rifiuti spariscono” dice Samo Jereb. Secondo il rapporto, il 13% di tutti i rifiuti non pericolosi scompare dal mercato legale. Per i rifiuti pericolosi, la percentuale sale al 33%. Il rapporto ricorda l’operazione Green Tuscany dell’Europol, che ha scoperto un gruppo organizzato di un centinaio di persone trasportare illegalmente rifiuti di plastica dall’Italia alla Cina passando per la Slovenia. “Guardando i dati sull’import ed export, Paesi come la Slovenia si presentano come un classico paese di transito – prosegUE Jareb – ma anche Germania, Regno Unito, Olanda sono grandi traders e a volte non è chiaro dove vadano a finire i rifiuti”.